Dedico questo inizio di anno a un amico grande che se ne è andato. Un amico che ho trovato più di una volta per la mia strada all’improvviso, senza quasi bisogno di mettersi d’accordo. A Genova in mezzo alla folla infinita in marcia, in Guatemala, tra le rovine Maya, a Torino dentro la Mole, a Sassari tra i panni stesi delle casette in Canadà, sulle montagne del Canavese, dentro case abbandonate e mai più abitate.

Un tipo che mi ha lasciato più tracce di quello che potessi immaginare. Regali unici, come la copertina di Barbari dei Chichimeca, perché era un fotografo stupendo, come la musica sconosciuta che ha cambiato la mia vita, e la sua visione del mondo, con un’ironia e una limpidezza tendente alla maleducazione, che mi mancano più di tutto.

Libero sempre e ad ogni costo, dal primo giorno a quello in cui ha deciso di andarsene, con il suo tabacco, le sue scarpe da montanaro e uno zuccotto di lana in testa, rientrando con tutto il suo corpo nel ciclo della natura, nella foresta che amava e che poteva percorrere per giorni interi senza stancarsi.

Un uomo forte e vero, spezzato dalla banalità delle cose della vita. Un uomo che era un capolavoro e che da capolavoro ha chiuso il cerchio.

Ai prossimi anni, Danilo.

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